tag:blogger.com,1999:blog-362964762024-03-14T08:15:57.433+01:00La distanza immedicata(poesia)guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.comBlogger55125tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-3921421500113248512010-04-23T08:08:00.002+02:002010-04-23T08:11:26.186+02:00La sorgiva<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/S9E51E94HvI/AAAAAAAABF0/S-wE9LDG6-Q/s1600/DONNA-~1.JPG" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" height="198" src="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/S9E51E94HvI/AAAAAAAABF0/S-wE9LDG6-Q/s320/DONNA-~1.JPG" tt="true" width="320" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div>3<br />
<br />
<br />
la sorgiva che dalle bocche in piazza delle undici <br />
si fa gazzetta fra le gambe delle donne <br />
dalla cucina al duomo come faglie<br />
<br />
aperte alla destra del colmo moltiplica lo spazio <br />
del vedere ad ogni passo che la natica feconda <br />
rimescola il sangue<span style="color: white;">......... </span>in basso<br />
<br />
la linea glabra delle voci con garibaldi nel tondo <br />
e attorno le nostre anite ai tavoli che sparlano <br />
di quell’andare ladro <br />
<br />
di questa torba salda ai vicoli da secoli <br />
come nel fiume l’incavo sabbioso o il lasco <br />
che la città concede <br />
<br />
<br />
Caro Xxxx, <br />
<br />
su la “sorgiva”: immagina una donna seducente che sale le scale del duomo paesano, per andare alla messa delle “undici” e, nella piazza sottostante, immagina i maschi seduti fuori dal bar con le loro fidanzate (le loro “anite”, loro che sono i “Garibaldi” della situazione, eroi della domenica mattina, con il loro aperitivo sul tavolino). Anite e Garibaldi (anche se il vero Garibaldi è un bassorilievo “tondo” collocato ai margini della piazza) “sparlano” di quella donna (del suo “andare ladro” perché ruba sguardi e commenti), ma anche della “torba salda ai vicoli da secoli”, ossia della melma che li imprigiona al mondo produttivo. In fondo, questo guardare ed essere guardati, è un dei pochi “laschi” (libertà) che una piccola città concede (fuori dal lavoro e dagli altri obblighi). La sorgiva, dunque, è l’acquolina che viene ai maschi quando guardano la donna salire i gradini, acquolina che diventa chiacchiera (“gazzetta”) sul suo ancheggiare. Come vedi, c’è molto realismo in tutto questo. Nessuna allusione volgare. Semmai, volgare è il tempo del lavoro, qui nel nord-est, che toglie la capacità di pensare alle persone, riducendole a cani da salivazione (come negli esperimenti di Pavlov).guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-66298027987823837812010-04-07T10:03:00.000+02:002010-04-07T10:03:18.144+02:00Una lettera a Giovanni Tuzet (2008)<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/S7w8Kgro0NI/AAAAAAAABE0/Lb_BKAyQlA4/s1600/tuzet.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" nt="true" src="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/S7w8Kgro0NI/AAAAAAAABE0/Lb_BKAyQlA4/s320/tuzet.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div>Caro Giovanni, finalmente rispondo alle tue osservazioni in merito alla scrittura de <span style="color: orange;">La distanza immedicata</span>.<br />
<br />
Intanto mi fa piacere che tu abbia colto il passo jazzistico dei testi, il loro procedere volutamente ad orecchio pur entro un’orchestrazione unitaria, se non altro perché tutta giocata entro l’allegoria del fiume, anzi dei fiumi, al plurale, giacché ogni quadro mette in scena una fisiologia differente, con differente uso della scrittura.<br />
<br />
Per quanto riguarda la <em>questione oracolare</em>: la mia formazione heideggeriana in qualche modo non può non influenzare la mia scrittura, anche se la declinazione data da Nancy all’ontologia ermeneutica (filosofo che prediligo), credo possa aiutarmi a superare la radice religiosa del pensiero heideggeriano. Resta il fatto che io concepisco la scrittura poetica quale soglia fra il visibile e l’invisibile, tra la luce e l’ombra <em>eccetera</em>, per cui la piena luce frontale del visibile (della logica, dell’apparire) la trovo assai più metafisica che la scelta, la mia, di muovermi su di un confine dove l’oscuro non è voce del divino, bensì la sostanza dell’umano, che va cercata, ascoltata, fatta essere attraverso immagini eloquenti e mobili. Ovviamente, e come ben sai, la poesia italiana oggi si muove su più fronti e tutti legittimi (purché fondati su qualche buona idea). Chiaro che una poesia accessibile a tutti (poesia di massa?) è un sogno ancestrale; il fatto però che “tutti” sia una categoria universale che toglie di mezzo “ciascuno”, mi fa essere prudente. Oltretutto, se la cultura di massa ha prodotto un gusto standard - verificabile continuamente, nel quotidiano - un gusto mediocre, an-estetico e anestetizzato, difficilissimo pensare che cosa significhi una poesia “non-oscura”, laddove lo standard non prevede la tridimensionalità del vedere, del sentire e “il profondo” si riduce al uno sfondo già masticato e meditato dai media. Come ben capisci la questione andrebbe affrontata in ben altri spazi. Ad ogni modo, per rispondere direttamente alle questioni che poni:<br />
<br />
l’ossimoro <em>futuro già stato</em>, in effetti, non è straordinario, ma mi piaceva che aprisse il libro, così da sottolineare la natura postuma (post-agonia) di ciò che viene raccontato;<br />
<br />
Le complicazioni (finale p.33): quel finale è concitato perché vuole produrre nel lettore l’effetto reale del “poco giro d’aria”, ossia trasmettergli un sensazione di fatica, di ansia. E’ insomma uno stratagemma retorico per rendere fisica una sensazione altrimenti leggibile soltanto come concetto.<br />
<br />
I <em>pedali del Novecento</em> sono pedali del presente, credo; anche perché da Saba a Sanguineti i pedali sono parecchi. “In riva ai nomi”, fra l’altro, riprende una metaforicità cara ad Edmond Jabès, che è un autore che amo particolarmente. <br />
<br />
Ti ringrazio nuovamente per le osservazioni: cercherò di tenerne conto per quel che la mia natura me lo permette.<br />
<br />
Un caro abbraccio<br />
<br />
stefano<br />
<br />
<br />
<br />
<span style="font-size: x-small;"><strong>Giovanni Tuzet</strong> (Ferrara, 1972) ha pubblicato tre raccolte di poesia, allcune sillogi in differenti antologie e la raccolta di saggi </span><span style="font-size: x-small;"><em>A regola d’arte</em> (Este Edition, Ferrara, 2007). Inoltre ha curato il volume <em>Simboli in versi</em> (Editreg, Trieste, 2004) e il n. 50 di “Atelier” (2008) dedicato a <em>poesia e conoscenza</em>. È redattore di “Atelier” e di “Argo”., collabora con “Pendragon”. Conferenziere sul tema arte e scienza, da segnalare nel 2005 a Ferrara l'importanate conferenza <em>Poesia e Scienza</em>. Ha curato nel 2003 (a cura del Comune di Cento), una serata dedicata al Movimento Futurista, con i futuristi R.Guerra e Sergio Fortini e il celebre poeta sonora Enzo Minarelli. Ha partecipato anche come writers e collaudatore via video alle anteprime del centenario futurista svoltesi a Ferrara nel 2007 (Futurismo Renaissance) e nel 2008 (sezione futurista in The Scientist 2008 Video Festival – Futurismo 100 Marinetti) a cura dell'Associazione Ferrara Video&Arte. Nel 2006 ha presentato a Ferrara il futurista R.Guerra, da cui un manifesto futurista intitolato <em>10 Cartucce per Rinascere.</em></span><br />
<span style="font-size: x-small;">Laureato in Giurisprudenza all’Università di Ferrara, insegna Filosofia del diritto presso l’Università Bocconi di Milano. </span><span style="font-size: x-small;"><br />
</span>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-47564140905033788492010-02-24T07:46:00.000+01:002010-02-24T07:46:23.072+01:0025 febbraio, Treviso<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/S4TK4r4Jr8I/AAAAAAAABC0/TpJ6vOVSDoM/s1600-h/spazi_bemben.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ct="true" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/S4TK4r4Jr8I/AAAAAAAABC0/TpJ6vOVSDoM/s320/spazi_bemben.jpg" /></a></div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span style="font-size: large;">Il 25 febbraio, ore 18,30 leggerò a Treviso. Chi è nei paraggi, prenda nota.</span></div><br />
<div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><em>recita la locandina:</em></div><div style="text-align: justify;">Ancora una volta la poesia è un punto forte dell’offerta culturale di <span style="color: red;">Fondazione Benetton Studi Ricerche</span> alla città di Treviso: dopo il percorso in più tappe negli anni passati, dedicato a <strong>Ernesto Calzavara</strong> e alla mappatura della poesia veneta, la scorsa stagione abbiamo intrapreso una strada che si è rivelata fruttuosa e ricca di inaspettate aperture sul paesaggio sempre affascinante della poesia italiana contemporanea. </div><div style="text-align: justify;"></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;">In viaggio per luoghi e versi, così titolava il ciclo di incontri con gli autori di poesia, ha rivelato, grazie alla “bussola” della parola poetica, orizzonti sconosciuti, sguardi inconsueti su panorami particolari, osservati con la lente creativa e immaginifica dei poeti. Dalla metropoli di <strong>Cucchi</strong> alla Grecia classica di <strong>Pontiggia</strong>, dai moli triestini di <strong>Grisancich </strong>alle spiagge laziali di <strong>Frabotta</strong>, negli <span style="background-color: #cfe2f3; color: black;">spazi Bomben</span> (via Cirnarotta 7) si è andato costruendo un intimo e specialissimo atlante. Per la stagione 2009-2010 vogliamo continuare sulla traccia di quel “viaggio per luoghi e versi” con le voci più importanti della poesia italiana di oggi, per cercare insieme non un astratto Eden di delizie, ma una più vera relazione con i luoghi che, grazie alla poesia di grandi autori quali <strong>Milo De Angelis</strong>, <strong>Antonella Anedda</strong>, <strong>Umberto Piersanti</strong>, <strong>Fabio Pusterla</strong>, ci sveleranno una nuova, sorprendente, intima geografia. Dei nostri orizzonti più domestici, della terra di questo Nord Est in mutazione ci diranno invece i poeti che da sempre la vivono in prima linea, autori quali <strong>Luciano Cecchinel</strong> e <strong>Fabio Franzin</strong>, voci ormai consolidate della poesia in dialetto.</div><br />
<br />
<strong>giovedì 26 novembre 2009 ore 18.30</strong><br />
Milo De Angelis.<br />
<br />
<br />
<strong>giovedì 10 dicembre 2009 ore 18.30</strong><br />
Fabio Franzin e Serena Dal Borgo<br />
<br />
<br />
<strong>giovedì 21 gennaio 2010 ore 18.30</strong><br />
Antonella Anedda<br />
<br />
<br />
<span style="background-color: #f4cccc;"><strong>giovedì 25 febbraio 2010 ore 18.30</strong></span><br />
<span style="background-color: #f4cccc;">Stefano Guglielmin e Maurizio Mattiuzza</span><br />
<br />
<br />
<strong>giovedì 18 marzo 2010 ore 18.30</strong><br />
Umberto Piersanti<br />
<br />
<br />
il ciclo si concluderà <strong>a giugno</strong><br />
con la partecipazione di Fabio Pusterlaguglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-6467114928372398842009-12-10T14:56:00.001+01:002009-12-10T14:57:34.106+01:00Franca Mancinelli su "Poesia"<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/SyD929GwiXI/AAAAAAAAA-s/udFHUjZIpkU/s1600-h/Poesia_11_09.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" ps="true" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/SyD929GwiXI/AAAAAAAAA-s/udFHUjZIpkU/s320/Poesia_11_09.jpg" /></a><br />
</div><br />
Nel numero di dicembre di "<strong>Poesia</strong>" è uscita la recensione alla <span style="color: orange;">Distanza immedicata</span> firmata da <strong>Franca Mancinelli</strong>, giovane poetessa e critica assai rigorosa. <br />
<br />
<em>Posto alcuni passaggi e una poesia che lei cita come esempio.</em><br />
<br />
<div style="text-align: justify;">[...] Ripercorrendo attraverso il corso di sei fiumi una vicenda che ha come inizio l’origine della parola poetica e come approdo e “riva” i “nomi”, Guglielmin varca un confine a lungo vagheggiato, apre quello che diviene il luogo di una ferita pulsante, di una contraddizione insolubile, di una distanza appunto “immedicata”. [...] In questo luogo finisce <em>io</em> e inizia l’<em>altro</em>, ossia la sua distanza, quella sorta di ansia e di febbrile incertezza che porta il soggetto a mettere in crisi i confini della propria identità, a spostare di continuo l’angolo d’osservazione, il campo percettivo, come non sapendo dove situarsi se non in ogni luogo, nel risorgere incessante del desiderio. [...] La lingua di Guglielmin si dibatte a partire da un’indistinta appartenenza alla natura, da un cordone che non si è mai spezzato del tutto. Da qui le domande infantili, essenziali e un contatto fraterno con quanto appartiene alla vita. [...]<br />
</div><br />
<br />
<strong>Oceano e Teti</strong><br />
<br />
3.<br />
<br />
se pretendi il salto<br />
e l’elmo o quella forza<br />
che dia il frutto<br />
chiaro della mano<br />
se reclami l’opera e l’intero<br />
se scrivi a caso o spiovi<br />
fino alla pozza o al buio<br />
se incidi ed espelli se sei terra<br />
cioè pane cioè bocca e cieco<br />
t’infuochi se sei palmo <br />
sospeso tra nero e astro o punto<br />
se sei punto o covo<br />
<em>io</em> che in me batti e sporgi fuori<br />
e parli e vedi e scampi<br />
al vuoto ‹‹dove comincia - chiedi -<br />
dove finisce <em>io</em> dove finisco<br />
se sono salto ed elmo e palmo<br />
se parlo e ovunque muoio?››guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-26922124609743894802009-11-22T14:33:00.003+01:002010-04-02T17:38:20.895+02:00Sorga<div class="separator" style="clear: both; text-align: center;"><a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Swk9VVQRaxI/AAAAAAAAA9s/ltGg9lhPgck/s1600/sorga.jpg" imageanchor="1" style="margin-left: 1em; margin-right: 1em;"><img border="0" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Swk9VVQRaxI/AAAAAAAAA9s/ltGg9lhPgck/s320/sorga.jpg" yr="true" /></a></div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><br />
</div><div style="text-align: justify;"><span style="color: red;">Sorga,</span> secondo capitolo del libro è, nella tradizione, il fiume provenzale dove Petrarca passò momenti felici con Laura. come ho scritto parecchio tempo fa in <span style="color: magenta;">Blanc de ta nuque</span>, malgrado la caduta sia così insistente nella sezione "Sorga" de <em>La distanza immedicata</em>, sorga è anche il congiuntivo presente del verbo "sorgere". In quanto congiuntivo, esso apre una possibilità, una rotta nella corrente, che avvia al medicamento, alla ricomposizione del conflitto. </div><br />
<br />
<br />
<strong>1</strong><br />
<br />
<br />
mia cima e nodo blando mio futuro<br />
già stato <br />
non sapere nulla e cominciare tuttavia<br />
insabbiando il corpo in questa melma<br />
che fa grave l’amore e in te lo eterna <br />
diluvio<br />
che sforma laura che la sfalda in tanto vuoto<br />
e nessuna vita d’avanzo nessun cielo<br />
se non questa città tutta tosse e vecchie ragazze<br />
mutilate<br />
il solido fiume e il ponte da dove sbucano<br />
affondando <br />
<br />
<br />
<br />
<strong>2</strong><br />
<br />
fedele al tuo ordine scosceso<br />
<span style="color: white;">.......................................</span>piovi <br />
sul capo degli insonni<br />
ma non vedi niente<br />
se non piccole febbri e festa se puoi<br />
con l’animale tuo amore tutto schiacciato<br />
nel ventre<br />
in pericolo come acrobazia o mare che batte<br />
solido perché muore<br />
<br />
<br />
<br />
<strong>5</strong><br />
<br />
tutto nella singola fragranza<br />
l’albero l’alba la chiara d’uovo<br />
anche l’ombra se vuoi anche la buca<br />
sfinita<br />
da dove dico bocca prato dico salva<br />
la via dei canti<br />
salva la notte e il mondo<br />
per natura mobile e culla in fondo e velo<br />
una carezza distesa in ogni più piccola voce <br />
come la foglia che s’invola<br />
ultima nel saluto di novembre e così sull’acqua<br />
il sughero o la fanciulla morta o la bella che nuota<br />
che va <br />
su ogni cosa che resta<br />
<br />
<br />
<br />
<strong>6</strong><br />
<br />
come da celeste bocca una parola<br />
che s’involi al caglio degli uomini <br />
è il pigolio d’anime in ribalta<br />
quando lei <em>liquida</em> sbraccia <br />
<span style="color: white;">....................................</span>e crespa<br />
tira a sé i suoni / lontra<br />
che s’intuba nel torbido notturno<br />
per ingollare polpa in paceguglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-37822669829265988602008-10-02T10:56:00.004+02:002008-10-02T11:10:31.588+02:00Sandro Montalto<div align="justify"><a href="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/SOSPULDm5KI/AAAAAAAAAhY/tDoFXM0_8s0/s1600-h/montalto.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5252480642148918434" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/SOSPULDm5KI/AAAAAAAAAhY/tDoFXM0_8s0/s320/montalto.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><br />Nel nuovo libro di saggi <em>Forme concrete della poesia contemporanea</em> (Joker, 2008, pp.285), <strong>Sandro Montalto</strong> dedica una pagina alla <span style="color:#ff6600;">Distanza</span>. Il ringraziamento è dovuto e <em>piaciuto</em>. Ne riporto un paio di passaggi:</div><br /><br /><br />«Esiste una poesia che riesce a far palpare al lettore la sua spinta civile nel rapporto stesso che intrattiene con la parola. Una poesia che non inscena ma propriamente subisce (seppur in maniera costruttiva e senza vittimismi) un rapporto carnale e di lotta con la parola poetica, o meglio con la parola in generale, opera di poeti che non si perdono in vani discorsi giornalistici sulla "crisi della parola oggi" ma si preoccupano di cosa della loro persona possa efficacemente essere detto con le parole, a benefìcio comune. Tra questi poeti sta Stefano Guglielmin»<br /><br /><br /><br />[...]<br /><br /><br /><br />«C'è insomma una essenzialità che mentre toglie alla forma e alla quantità non aggiunge nulla di artificiale al senso e alla densità, come nelle migliori prove del Beckett poeta (e questo è molto, a nostro avviso): basterebbe leggere la prima poesia della sezione <em>Sorga</em> con quel verso "non sapere nulla e cominciare tuttavia" il quale sintetizza benissimo l'aspetto profondamente construttivo e propositivo dell'opera beckettiana ("non posso continuare... bisogna continuare, e io continuo"; <em>L'innominabile</em>) e di questa opera di Guglielmin».<br /><br /><br /></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-37530196322828731852008-08-14T10:46:00.003+02:002008-08-14T11:03:27.890+02:00Nicola Busato<a href="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/SKPyGoYXowI/AAAAAAAAAf4/piHGPfZpTMw/s1600-h/Copertina-Guglielmin_blog.png"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5234293387667415810" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/SKPyGoYXowI/AAAAAAAAAf4/piHGPfZpTMw/s320/Copertina-Guglielmin_blog.png" border="0" /></a><br /><div align="justify"><strong>Nicola Busato</strong> è un mio ex studente del liceo artistico, quando insegnavo a Valdagno (primi anni novanta, se ricordo bene). Ora è laureato in lettere, lavora in una multinazionale e pubblica, anonima e aperiodica, <em>Era</em>, una "minirivista" fotocopiata "di poesia e prosa", che distribuisce in proprio. Mi ha spedito questa precisa lettura de <span style="color:#ff6600;">La distanza immedicata</span>. Gliela pubblico con sicero affetto e stima.</div><br /><div></div><br /><div></div><br /><div align="justify">«Cominciamo dall'inizio: "poesia era l'enorme/vuoto...", composizione che mi ricorda molto il "viaggio" all'inizio del film 2001: <em>Odissea nello spazio</em> di Kubrick: un vuoto (buio) pervaso soltanto dalla musica di Ligeti (la poesia) per piombare poi, saltando tutta la naturale evoluzione (descritta invece nei tuoi versi) all'uomo, all'osso (<em>il lampo</em>,<em> la madre</em>) fino all'astronave (<em>l'area del pentagono</em>). Ma io, in questo ultimo passaggio: area del pentagono - agonìa, vedo un iter della nostra storia: Positivismo (<em>pentagono</em>, scienza) - Romanticismo, Decadentismo, Esistenzialismo (<em>agonia</em>, psicanalisi). E, per tornare all'inizio: poesia come Principio e come Fine? Cioè come madre? radice? seme? terra? e poi ancora vuoto?<br />Le parole poi. Ho fatto un'operazione alquanto accademica per quanto mi riguarda. "La distanza immedicata'" è una raccolta tenuta insieme da un concept che, allo stesso tempo, la suddivide in capitoli, ciascuno chiamato col nome di un corso d'acqua. Il "tema" ricorrente dell'acqua è forte e coinvolge-condiziona tutta la lettura, incappando a ragione nel lessico che hai scelto, coerentissimo, come elencato di seguito: <em>mare</em> (usata 2 volte), <em>fiume</em> (usata 6 volte), <em>sgoli</em>, <em>ristagni</em>, <em>schiumi</em>, <em>spiovi</em>, <em>pozza</em>, <em>diluvio</em>, <em>melma</em>, <em>ponte</em>, <em>affondando</em>, <em>piovi</em>, <em>acqua</em> (usata 2 volte), <em>piova</em> (usata 3 volte), <em>argine</em>, <em>subacquea</em>, <em>nuoto</em>, <em>acquitrini</em>, <em>riva</em>, <em>corrente</em>, <em>pozzo</em>.<br />Quindi mi sono chiesto se alla lunga ciò non fosse un parallelo del "mare montaliano": la vita, quella vita altrui, degli altri, del dover-essere, che qui rimane sempre e comunque distante e immedicata (utopia).<br />Questo è particolarmente espresso, secondo me, in Ouse 1 (v. p. 59) ... corpo, cosa estesa e dunque peso, ostile al nuoto... in sapor di suicidio (consapevolezza dell'utopia), anche per la di lì a poco (2) citata Ofelia.<br />Per trovare un'eventuale risposta alla domanda di cui sopra, sono tornato sul testo, alle parole, perché sempre, matematicamente, subito dopo o poco prima di queste "parole d'acqua", compare lui: l'Uomo (volendo un parallelo anche con l'uomo di <em>2001: Odissea nello spazio</em>).<br />A questo punto, per me è stato molto curioso scoprire in che termini tu hai parlato e descritto l'uomo all'interno di queste tue poesie. Ne risulta una pura anatomia dell'uomo, che compare sempre e soltanto sottoforma di "pezzi", frattaglie, particolari, quasi un essere ancora incompiuto e in divenire... Qui l'elenco, sempre fedele al tuo testo, è un po' più lungo, ma secondo me interessante: <em>mano </em>(usata 6 volte), <em>piede</em> (usata 2 volte), <em>cuore</em> (usata 3 volte), <em>bocca</em> (usata 6 volte), <em>palmo</em>, <em>schiena</em> (usata 3 volte), <em>pelle</em> (usata 2 volte), <em>capo</em>, <em>ventre</em>, <em>petto </em>(usata 2 volte), <em>occhio</em> (usata 4 volte), <em>midollo</em>, <em>viso</em>, <em>ciglia</em>, <em>iride</em>, <em>palpebra</em> (usata 2 volte), <em>polso</em>, <em>stomaco</em>, <em>lingua</em> (usata 4 volte), <em>natica</em>, <em>sangue</em>, <em>denti</em>, <em>braccio</em>, <em>seno</em>, <em>polmoni</em>, <em>bronchi</em>, <em>pancia</em>.<br />Non so se ti eri accorto di questo aspetto del libro in cui l'anatomia è proprio il succedaneo clinico della figura umana romanticamente intesa: un essere umano ridotto a particolari del suo essere fisico, che per forza di cose escludono riferimenti più "spirituali" dell'umana realtà e che quindi rendono questo Uomo un mero Oggetto nelle tue mani (versi) e quindi agli occhi della poesia e del lettore.<br />Un Uomo come Corpo: Specie Umana, ontologicamente intesa (anche qui rimandi al solito film?!)... <em>solo corpo che formicola giù</em>... (perché ostile al nuoto?!).<br />L'uso delle parole poi caratterizza ulteriormente, all'interno di questo binomio lessicale: acqua-uomo, il capitolo intitolato <em>Stige</em>, in cui l'atmosfera si fa più precisa e delineata, in una sola parola: medievale. Frammenti come: <em>parto</em>, <em>untori</em>, <em>guerra</em>, <em>ratti</em>, <em>sottoscala</em>, <em>sloga la lingua</em>, <em>sui fuochi le anime in rivolta</em>, <em>gravida</em>, <em>elemosina</em>, contribuiscono appieno e diversamente dagli altri capitoli, a raffigurare al lettore un ambiente ben preciso e fosco, inquieto, di natura dantesca ma solo per l'ambientazione storico-paesaggistica che è culturalmente in noi.<br />A questo punto, l'attenta rilettura del testo ha portato in luce e alla mia attenzione un'altra "coincidenza", di cui magari, come per tutto il resto, del resto, ti chiedo conferma o smentita. Si tratta della coincidenza-parallelismo tra musica e morte. Nella tua opera ho individuato quattro punti precisi (e non di più) in cui, al di là di ogni ragionevole dubbio o coincidenza, il tema della musica si incrocia e sovrappone con quello della morte. Il primo è a pagina 57: "... <em>la foglia si fa musica</em>/ <em>c 'è sempre qualcuno</em>/ <em>lontano</em>/ <em>che muore</em>/ <em>cadendo</em>/ <em>si fa musica</em>/ <em>e muore</em>", il secondo a pagina 79: "... involta <em>al ramo della musica</em>/ <em>davvero la morte allora</em>/ <em>svapora</em>...", il terzo lo trovi a pagina 91: "... <em>e aperta da una lingua mortale</em>/ <em>slabbrata ai margini dei suoni</em>/ <em>come debussy</em>..." e l'ultimo a pagina 95: "e<em> se resiste, lei, è per legati e presti, è per la musica </em>[...] <em>invecchia</em> [...] <em>l'agra malattia</em> [...] <em>guerra</em> [...]".<br />Lo ammetto: oltre non vado. Qui, su questi due richiami, la mia immaginazione si ferma... Non mi viene che in aiuto, volendolo forzare però, solo il film di Kubrick: la musica e la morte, l'eterno ritorno al vuoto (enorme) dell'inizio, che è poesia.<br />Ti chiedo di dirmi cosa ne pensi e, ovviamente, di dirmi la verità di tutto quanto questo fin qui descritto... va' che bel verso! Mi rimane poi una domanda ulteriore su una figura, un termine, da te usato spesso, sia in questo che nel libro precedente: l'<em>orlo</em>. Cos'è per te l'<em>orlo</em>! Un fantasma? Quale?»</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-81506397696106823192008-01-03T20:26:00.000+01:002008-12-11T23:37:02.579+01:00Georgiamada<div align="justify"><a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/R305JdDNN4I/AAAAAAAAAY4/W4_WsGHosDo/s1600-h/Icona_dell_amicizia__ridotta_.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5151336383361398658" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/R305JdDNN4I/AAAAAAAAAY4/W4_WsGHosDo/s200/Icona_dell_amicizia__ridotta_.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">Come si fa a non postare cose come queste, scoperte per caso, poco fa. Siccome sono un sentimentale (ed evidentemente anche un vanitoso), le rilancio in questo blog:</div><br /><br /><br />"A me Guglielmin piace un sacco, mi piace la sua faccia, nelle foto ha sempre una aria attenta e interessata all’altro e al mondo che è cosa ormai rara. Beato chi ce l’ha per professore :-). Mi dicono che sia soprattutto un grande poeta, non faccio fatica a crederci dalle poesie che ho letto in rete, ma confesso la mia abissale, per ora, ignoranza che cercherò di diminuire … Francesco (Marotta) mi consigli un suo libro (quello che ritieni migliore) per cominciare? (georgia)"<br /><br /><br /><br />Francesco, che è sempre buono con me, le dà una risposta che mi spiazza, tanto è disarmata. Lui dirà che queste cose me le ha dette anche in privato, ma pubblicamente è un'altra cosa. Sono costantemente in debito con entrambi.<br /><br /></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-13701792939913662312007-12-04T16:30:00.000+01:002008-12-11T23:37:02.923+01:00Stefania Roncari<a href="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/R1V0YobntBI/AAAAAAAAAXo/nD1WThJaFEI/s1600-h/Roncari_4389.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5140142516232238098" style="FLOAT: left; MARGIN: 0px 10px 10px 0px; CURSOR: hand" alt="" src="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/R1V0YobntBI/AAAAAAAAAXo/nD1WThJaFEI/s200/Roncari_4389.jpg" border="0" /></a><br /><br /><div align="justify">Una e-mail di Stefania con "due righe" sul mio poemetto <span style="color:#ff0000;">come a beato confine<span style="color:#000000;">,</span> <span style="color:#000000;">che vi giro</span></span><span style="color:#000000;">:</span></div><br /><br /><div align="justify"></div><br /><br /><div align="justify">"Sicuramente conosci Plotino (ti piace?), io lo amo moltissimo, è molto interessante questo molteplice essente-assente (questo <em>io</em> che si sottrae si elimina in mille altre presenze oscure, diverse.. ) e come dice anche un mio verso: 'ogni individuazione è una perdita'... non c'è soggetto vero che non sia una fioritura molteplice di senso e direzione, come se l'io (in francese due modi per dirlo: <em>je</em> e <em>moi</em>) e tutto il processo d'individuazione (e sparizione, io aggiungo) che ne è nato, fosse pensabile solo per continuo scarto, sottrazione, dislocazione, frantumazione, non come dispersione o perdita, ma come ricchezza dei molteplici stati dell'essere (come ci ha ben spiegato René Guénon col suo straordinario saggio: <em>Les états multiples de l'etre</em>...)"</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">Devo dire che Plotino mi piace, proprio perché è forse il primo a tentare di pensare il <em>finito</em> in quanto tale. </div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-36768441220983487082007-11-10T12:14:00.000+01:002008-12-11T23:37:03.088+01:00Rosa Pierno<a href="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RzWTSIhjzWI/AAAAAAAAAWY/qOHfoNQ6oCA/s1600-h/Pierno.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5131169290193718626" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RzWTSIhjzWI/AAAAAAAAAWY/qOHfoNQ6oCA/s320/Pierno.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify"><br />Scrive <strong>Rosa Pierno</strong>, a proposito del <span style="color:#ff9900;">libro</span>:</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">"Potrebbe essere un gioco di posizione tra parole, scambiandole, infatti, cambiano valore. E’ un gioco da farsi solo quando vigono certe condizioni: “non sapere nulla cominciare tuttavia”. Non è un gioco al massacro, ma non se ne è nemmeno così distanti: “insabbiando il corpo in questa melma/ che fa grave l’amore e in te lo eterna/ diluvio/ che sforma laura che la sfalda in tanto vuoto”. E’ chiamata a testimoniare la poesia: in sua rappresentanza Beatrice, Laura, …o Maria.<br />È quasi un’afasia: “l’esatto del corpo senza mondo e poco giro/ d’aria intorno poco respiro”, ma dotata di una sorta di saldezza tenace: “corsa fatta per noi/ che caliamo a picco nella stessa storia/ saldi al ramo che butta senza pensiero/senza paura”. Penseremmo che poesia basta a poesia: “come da celeste bocca una parola/ che s’involi al caglio degli uomini/ è il pigolo d’anime in ribalta/ quando lei liquida sbraccia/ e crespa/ tira a sé i suoni /lontra”. Di parole sonore allora è fonte, scroscio e valanga. E senso dietro arranca. Poiché senso sempre figlia. Basta pronunciare e spiragli e spicchi d’ombra si aprono per ospitare il lettore in nuovi sonori mondi. E, dunque, convenuti a una medesima tavola si affollano personaggi e lettori: insieme condividono il poema. Vita sembra esistere solo in ieratica pronuncia, in mitica fondazione, in aperte pagine: “e niente pensiero solo trame tante cose /rapide nel volo l’intero mondo leso”. Persino una cosa così importante come la casa “è scritta nella carne, dentro. nel corpo come il volo o l’acqua, come l’amore e i figli. non pensava a tanto. e non per sempre. solo chiudere un libro, aprirne un altro”.<br />Nel rincorrere, nel farsi rincorrere dalle parole quasi si raggiunge una zona di sospensione: “mentre l’olmo e la rima si sfanno e così la lingua/ nella sera che in quella presa salda vicolo a torre/ la curva dell’umore ala nera morte nera”.<br />Nella sezione “Dripping”, la capacità di Guglielmin di immergersi nell’azione della pittura è essa stessa pura azione metamorfica. Si direbbe che lui stesso sia pittore: “una masnada di segni per aria/ tutti presi nell’impasto oppure/ di nuovo paesare l’asciutto/ e la fame d’ogni cosa rivolta”. D’altronde, la lingua non è mai lontana, segni stanno sul limitare tra immagine e testo. E il dialogo è talmente serrato che lo si distingue a fatica provenire da due fonti diverse: “giallo come il petto della serpe/ fa la lingua malata e la svolta/ d’ogni cosa che cade”. Musica, naturalmente è di fianco e fa il suo ingresso in maniera del tutto congruente: “e se resiste, lei, è per legati e presti, è per la musica/ messa in rima al corpo”. Il lettore, pienamente investito dallo scroscio, defluisce sulla corrente d’un fiume di cui non percepisce più le sponde.<br /><br />in "Carte nel Vento", novembre 2007, anno IV, n.8</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com3tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-10945276089415090792007-10-25T07:58:00.000+02:002008-12-11T23:37:03.208+01:00Francesco Tomada<a href="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RyAzFJ2gDxI/AAAAAAAAAVg/ltvi46-E9CA/s1600-h/tomadafierroguglielmin.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5125152539584499474" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RyAzFJ2gDxI/AAAAAAAAAVg/ltvi46-E9CA/s320/tomadafierroguglielmin.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">Ho conosciuto Francesco qualche giorno fa, durante la lettura al chiostro dei Frari, a Venezia. Porta l'orecchino ed è un buon padre di famiglia. Fra qualche giorno posterò in <a href="http://golfedombre.blogspot.com/"><span style="color:#cc0000;">Blanc de ta nuque</span></a> alcune sue poesie. E ciò non perché mi ha scritto questa bella ed umanissima e-mail, ma perché è un bravo poeta.</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">"caro Stefano,<br /><br />ho letto e riletto i tuoi libri, e lo farò ancora. ho voglia di farti conoscere qualche impressione che mi è rimasta. io non sono un critico, anzi dico tranquillamente, e senza falsa umiltà, che ci capisco abbastanza poco della scrittura in generale. dunque la mia unica forza è essere sincero.<br /><br />i tuoi libri mi hanno affascinato dandomi allo stesso tempo un'impressione di grande difficoltà per entrarci. all'inizio ho cercato di capire, forse ero troppo contratto e attento, di smontare il giocattolo. ma anche leggendo introduzioni e postfazioni ci sono riuscito molto, troppo poco. dal punto di vista della costruzione del testo e del libro sei anni-luce avanti a me, le tue parole così asciutte a volte mi pare abbiano un sottobosco che intuisco solo in piccola parte. allora ho un poco cambiato, ho cercato non di piegare le parole al loro significato, ma di inseguirlo e vedere dove portava, alla fine, alla "possibilità e destino".<br />io non so in che modo lavori ai testi, in che modo vorresti venissero letti e recepiti. per me davvero l'unica cosa è stata seguirli, su coordinate della mente che sono distanti dalle mie. l'effetto è stato straniante, ed al tempo stesso inatteso. una sensazione di distacco profondo dalla realtà che dovrebbe essere ed al tempo stesso una necessità profonda di comunicazione, direi di comunione. [in <span style="color:#993399;">come a beato confine</span>] bellissimi i versi "dove esilio e morte/ all'infanzia volgono lo sguardo/ come ad anello iniziale". mi ricorda come impatto alcuni dischi da cui semplicemente non sono riuscito a staccarmi per mesi, che senza capire perchè restavano lì a farsi riascoltare o rileggere, nel tuo caso.<br /><br />adesso ho rinunciato a smontare il giocattolo, vi cerco dentro delle tracce, delle frasi, che mi facciano da indizio per capire da dove mi arriva il senso del tutto. la tua poesia mi sembra davvero "abbandonata all'aria", e dunque per molti aspetti da riprendere, ricostruire dopo essere stati colpiti.<br />e la sezione "dappertutto" [sempre di <span style="color:#993399;">come a beato confine</span>] l'ho letta decine di volte. è quella dove mi trovo forse più a mio agio, per così dire; "una lingua stesa tra due vuoti", senza a capo nè punteggiatura nè conforto alcuno a chi legge, neppure di spazi bianchi.<br /><br />ecco, ci ho messo dieci giorni per scriverti dieci righe. questa è l'impressione. per parlare ancora di musica, mi ricordo anni fa, a venezia, ad uno di quei concerti oceanici con tanti gruppi. applausi, bravi, bravi. poi sono saliti sul palco i sonic youth, mezz'ora di suoni non duri ma distorti, non saprei neanche dire se impenetrabili o troppo penetranti. alla fine diecimila persone a guardarsi in faccia come a dirsi "e adesso?", adesso basta con tutto il resto, si riparte da qui.<br /><br />non so se ti corrisponde o se no, se ne avrai voglia e tempo fammi sapere. se ho scritto qualcosa che ti ha dato fastidio, me ne scuso.<br />grazie di questo regalo<br /><br />con affetto<br /><br />francesco"</div><div align="justify"></div><div align="justify"></div><div align="justify"><span style="font-size:85%;">nella foto, scattata da Alessandro Ramberti, Francesco è il primo a sinistra, colto mentre legge. Al suo fianco Giovanni Fierro e il sottoscritto. </span></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-45353991062098914352007-10-08T12:18:00.000+02:002008-12-11T23:37:03.395+01:00letture<a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RwoG0uC_MpI/AAAAAAAAAUc/vvFDJ1s9Pb8/s1600-h/pace_1024_768.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5118911429243515538" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RwoG0uC_MpI/AAAAAAAAAUc/vvFDJ1s9Pb8/s200/pace_1024_768.jpg" border="0" /></a><br /><div><span style="font-size:130%;"><strong>Sabato 13 ottobre</strong>, nel pomeriggio, leggo a Verona, presso il Palazzo della Gran Guardia (davanti all'arena), in occasione del premio "Montano". </span><a href="http://www.anteremedizioni.it/?q=biennale_edizioni_2007_sabato_13_ottobre_2007"><span style="font-size:130%;color:#3333ff;">Qui</span></a><span style="font-size:130%;"> il dettaglio.</span></div><br /><div><span style="font-size:130%;"></span></div><br /><div></div><br /><div><span style="font-size:130%;"><strong>Domenica 14 ottobre</strong>, sempre nel pomeriggio, leggo a Venezia, nel chiostro dei Frari (campo San Polo), in occasione del "Fare Pace. 7° salone dell'editoria di Pace". </span><a href="http://narrabilando.blogspot.com/2007/08/fare-pace-venezia-13-15-ottobre.html"><span style="font-size:130%;color:#cc0000;">Qui</span></a><span style="font-size:130%;"> e </span><a href="http://www.farepace.org/home.html"><span style="font-size:130%;color:#660000;">qui</span></a><span style="font-size:130%;"> il programma dettagliato.</span></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-63314742063009000802007-09-25T12:10:00.000+02:002008-12-11T23:37:03.532+01:00Premi<a href="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RvjgeuC_MlI/AAAAAAAAAT8/YJtYDbZ3rGc/s1600-h/strade.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5114084195240456786" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RvjgeuC_MlI/AAAAAAAAAT8/YJtYDbZ3rGc/s200/strade.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"><span style="color:#ff9900;">La distanza immedicata</span> </span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">è giunta finalista al premio </span><a href="http://www.anteremedizioni.it/?q=montano_xxi_edito"><span style="font-size:180%;color:#ff0000;">L. Montano</span></a><span style="font-size:180%;"> </span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">ed è stata segnalata al premio </span><a href="http://www.literary.it/premi/edizione.asp?Subject=-1390753379,2141758033"><span style="font-size:180%;color:#3333ff;">Campagnola</span></a> </div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-22389900162844398002007-09-16T17:36:00.000+02:002008-12-11T23:37:03.989+01:00Si dà il lampo<a href="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Ru1OsmZyBGI/AAAAAAAAAT0/MM9LJgTeDxE/s1600-h/monet-14-g.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5110827680265274466" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Ru1OsmZyBGI/AAAAAAAAAT0/MM9LJgTeDxE/s200/monet-14-g.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><span style="font-size:130%;"><em>Si dà il lampo</em> è una poesia recente, tra le ultime inserite nel <span style="color:#ff6600;">libro</span>. <span style="color:#000000;"><strong>Antonella Pizzo</strong></span> ne ha raccolto lo spirito in questo </span><a href="http://it.youtube.com/watch?v=AJvFQiTfUN4"><span style="font-size:130%;color:#009900;">video</span></a><span style="font-size:130%;"> su Youtube.</span></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-14653707096872666212007-09-11T07:10:00.000+02:002008-12-11T23:37:04.092+01:00Alessandro Broggi<a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RuYlL0w-xlI/AAAAAAAAATU/bKh4sGWDcog/s1600-h/Ulisse_completo2.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5108811712371279442" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RuYlL0w-xlI/AAAAAAAAATU/bKh4sGWDcog/s200/Ulisse_completo2.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">Su licenza di Alessandro pubblico questa mail, che ha il pregio, oltretutto, di illuminare anche il suo fare poetico. Invito dunque a leggere i links.</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">Caro Stefano, come va?<br />ti scrivo per farti sapere che ho ricevuto con grande piacere una copia de <span style="color:#ff6600;">La distanza immedicata</span>. Anzi mi devo scusare con te per il ritardo con cui solo ora ti ringrazio, dovuto a un periodo (maledettamente) senza un attimo di respiro (troppi, troppi impegni presi, senza coscienza). Ho iniziato a leggere il libro, e ti confesso che... mi sta mettendo un pochino in crisi. Mi spiego, banalizzando terribilmente, ma voglio farmi subito capire: la scelta linguistica, la ricca metaforicità (scusa davvero la semplificazione), le modalità forti di emergenza del Senso - che rispecchiano in modo straordinariamente fedele, trasparente, senza residui la tua posizione teorica, le dichiarazioni più o meno dirette di poetica che ho avuto modo di leggere nei tuoi interventi di questi anni (e questa aderenza, questa coerenza, lo sai, è per me uno dei primi pregi di un autore) - de <span style="color:#ff6600;">La distanza immedicata</span> sono una dimostrazione - esemplare più di qualsiasi altra - che quanto la mia poesia va "negando" (ma questo negando è molto complesso, e come sai finalizzato a meta discorsi molto precisi [cfr. <a href="http://liberinversi.splinder.com/tag/alessandro_broggi">http://liberinversi.splinder.com/tag/alessandro_broggi</a>]) è invece "ancora" (vivaddio) possibile. Questo nostro (per certi versi) situarci agli antipodi mi stimola e mi piace. Sinceramente. Mi trovo ora in un momento di sfiducia verso il linguaggio e lo stile critico tradizionale (meglio: verso una mia opportunità di utilizzo del linguaggio e dello stile critico tradizionale, cfr. l'intervento che ho scritto per Atelier nel giugno 2006 [poi ripreso, e leggibile on-line su <a href="http://www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/critica.htm">www.cepollaro.it/poesiaitaliana/CRITICA/critica.htm</a>]), perciò sarà difficile che possa scrivere una recensione alla raccolta – né potrò presenziare alla presentazione di Vicenza con Fabiano, perché ho una lettura alla Casa della Poesia di Milano proprio la stessa sera - ma voglio sicuramente tenere presente nei prossimi mesi la tua raccolta, parlarne, farla circolare. Scusa l'incredibile impressionismo di questa mail da pausa pranzo ultraccelerata - ma volevo ringraziarti e farmi vivo con un feedback positivo. Fammi sapere se/quando presenterai la raccolta aMilano. Ti abbraccio, Alessandro</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-66895995955208528632007-09-05T20:53:00.000+02:002008-12-11T23:37:04.255+01:00Sergio La Chiusa<a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rt78F0w-xjI/AAAAAAAAATE/aFcGMDSxAEc/s1600-h/la-chiusa.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5106796204478350898" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rt78F0w-xjI/AAAAAAAAATE/aFcGMDSxAEc/s320/la-chiusa.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">Pubblico, con la sua autorizzazione, la e-mail che mi ha scritto Sergio un paio di giorni fa.</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">"Caro Stefano, mi ha fatto piacere la tua attenzione e la nota critica. Volevo anche dirti che avevo apprezzato molto <span style="color:#ff6600;">La distanza immedicata</span>, letto dopo la presentazione del libro a Milano. Mi aveva subito colpito la poesia d'apertura, che in pochi versi condensa tutta la storia: dall'enorme vuoto originario alle forme di vita in continua trasformazione all'agghiacciante geometria del pentagono e alla devastazione, l'agonia, con quell'ultima parola separata, bilicata nello spazio bianco della pagina, impiccata in nuovo vuoto. L'amore poi, "La distanza immedicata", per il tono e la grazia, mi era sembrato anche un complesso poema d'amore, a partire dalla dedica stessa: è come se tutti provenissimo dalla stessa enorme unità originaria, dalla successiva separazione e frammentazione e tentassimo vanamente di ricomporci, medicare la distanza, ricongiungerci nell'opposta riva. In mezzo, nel grande varco irto di asperità (anche linguistiche), l'acqua che non è mai la stessa e il linguaggio metamorfico della poesia che è il divenire stesso e nomina senza poter inchiodare definitivamente le cose, sempre spinto più in là, a lambire-nominare altro, come in caduta verso il vuoto da cui proviene. Mi erano piaciute molto le poesie della sezione <em>Stige</em>, con quella struttura a colonna, militaresca... Sono un po' vago, ma ti sto riportando solo alcune impressioni che ricordo di aver provato dopo la lettura. Un caro saluto. Sergio."</div><br /><div></div><br /><div>grazie!</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-55017934622980551702007-08-23T17:13:00.000+02:002008-12-11T23:37:04.455+01:00Tiziano Salari<a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rs2myEw-xfI/AAAAAAAAASg/eb3vujFTxU8/s1600-h/Tiziano_Salari.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5101917332083492338" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rs2myEw-xfI/AAAAAAAAASg/eb3vujFTxU8/s200/Tiziano_Salari.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">Sul numero 9 di "<span style="color:#ff6600;">Hebenon</span>" (novembre 2007), Salari scrive, fra l'altro: "Dopo il beato confine, da attingersi dantescamente dopo aver attraversato il Lete, di cui aveva parlato in <em>come a beato confine</em> (2003), Guglielmin ci racconta, in questa sua ultima opera, il permanere della distanza tra noi e la verità dell’essere, la ferita che rimane aperta (immedicata) e che solo la poesia cerca, in qualche modo, di medicare. In un breve testo che precede le sette parti in cui è strutturato il libro, la poesia viene definita una specie di fermentazione del vuoto di un organismo che si sdoppia in una parte animale e in una parte umana consapevole della morte e che si accende come un effimero bagliore di luce che ci riconduce all’origine (alla madre, o al nulla da cui siamo venuti)"</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">un caro abbraccio a Tiziano.</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-74518900495886846922007-07-08T16:37:00.000+02:002008-12-11T23:37:04.661+01:00Cristina Babino<a href="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RpD4N1Wz7WI/AAAAAAAAARY/LqRGVnPOnco/s1600-h/babino.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5084836895846034786" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RpD4N1Wz7WI/AAAAAAAAARY/LqRGVnPOnco/s200/babino.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">E' uscita, sulla rivista barese <span style="color:#3333ff;">Incroci</span> (n.15, gennaio - giugno 2007), la recensione di <strong>Cristina Babino</strong> al <span style="color:#ff6600;">libro</span>. Ecco alcuni passaggi:</div><br /><div align="justify">"... Ha un candore che commuove, la poesia di Stefano Guglielmin, ha il candore pesante e struggente delle anime salve erette in mezzo alle macerie [...]<br /></div><div align="justify">Frequenti, e finemente ammaestrati, come in un mirabile concerto per voce sola, sono i cambi di registro e tono che percorrono l’opera lungo tutto il corso. La lingua di Guglielmin è duttile, s’insinua sottile come acqua nella roccia, e insistente scava, fino a sfociare in un gorgo di complessità restituita in tutta la nobile bellezza di una rivelazione che pare palesarsi suo malgrado, e che pure in questo dispiegarsi sottovoce trova la sua forza espressiva più efficace e dilaniante. E i riferimenti letterari che innervano e come linfa nutrono i versi di Guglielmin sono dopotutto segni inequivocabili di un bagaglio meditato, fecondo e presente, ma al tempo stesso condiviso col lettore in un atto di una consapevole, generosa, matura umiltà.<br />E’ vero, dunque, sulle acque si può camminare. Ma solo a patto di farsi trasportare, di fluire, in silenzioso ostinato ascolto, col canto e il senso discontinuo delle cose". </div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-11381196566213209862007-07-03T21:15:00.000+02:002008-12-11T23:37:04.852+01:00Antonella Pizzo<a href="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RoqiHVWz7UI/AAAAAAAAARI/S9zKwwratu8/s1600-h/pizzo.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5083053376316632386" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RoqiHVWz7UI/AAAAAAAAARI/S9zKwwratu8/s200/pizzo.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">Pubblico un'intensa traduzione in ragusano, fatta da Antonella Pizzo, della prima poesia della sezione <span style="color:#cc0000;">Ouse</span>.</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">non pensavo a tanto. a tanta cosa che lascia qui e soli. e vuole per noi altra cosa, nuova. non pensavo che a cosa aperta, qui. cuore forse, mano. o parola come cosa che ci apre qui e ci tocca. cosa che batte e sta fuori e dentro, in effetti, vibrando.<br /><br />poi capita che il corpo cada, che fondi altra via, subacquea. il corpo, lascia terra per sempre. e vola, un poco. e sale. poi cede perché corpo, cosa estesa e dunque peso, ostile al nuoto e all’aria a volte. e nessuna voglia di tornare. o forse sì<br /><br />a casa probabilmente. là dove casa è scritta nella carne, dentro. nel corpo come il volo o l’acqua, come l’amore e i figli. non pensava a tanto. e non <em>per sempre</em>. solo chiudere un libro, aprirne un altro. </div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">Nun pinzava a tantu. a tanta cosa ca ni lassa cà e suli. e voli n’àutra cosa, nova. nun pinzava ca a na cosa raputa, cà. cori, forsi, manu. o parola comu na cosa ca si rapi cà e ni tocca. cosa ca sbatti e sta fora e dintra, muviènnusi.</div><br /><div align="justify"><br />appuoi capita ca si cari, s’anventa n’àutra strata, sutt’acqua, lassa a terra pi sempri. e vola, taìccia. e acciana. cari ri bbanuovu picchì è carni e pisa, cuntrària all’acqua e certi voti all’aria. E nun avi vògghia ri turnari. o forsi l’avi.</div><br /><div align="justify"><br />a casa forsi. dda unni casa è scritta nna carni, rintra. Nna carni comu ’n vuolu e l’aria, comu l’amuri e i figghi, nun pinzava a tantu, e no <em>pi sempri</em>. sulu ciùrriri nu libbru e rapìrini n’àutru.</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-51939719288785469772007-06-11T09:52:00.001+02:002008-12-11T23:37:05.051+01:00Luigi Metropoli<a href="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rm0BRk5aUAI/AAAAAAAAAP4/eZWS_yz69_k/s1600-h/io+treno+bologna+2006.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5074713756590297090" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rm0BRk5aUAI/AAAAAAAAAP4/eZWS_yz69_k/s320/io+treno+bologna+2006.jpg" border="0" /></a><br /><div align="justify">E' uscita ne "La mosca di Milano", diretta da Gabriela Fantato, la recensione alla <span style="color:#ff6600;">Distanza</span> di Luigi Metropoli, l'amico Vocativo, il Bobi Bazlen della comunità blogger.</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">Ne riporto il principio e la fine: "La tensione conoscitiva della <span style="color:#ff6600;">Distanza immedicata</span> riveste una materia pulsante. La parola non è velo sovraimpresso alle cose, ma cellula costitutiva della creazione del mondo: ne partecipa intimamente, è «musica/ messa in rima al corpo». Il libro racconta dell'uscita della poesia dal vuoto («poesia era l'enorme/ vuoto» si legge nell'<em>incipit</em>), dal semantico silenzio <em>ante-rem</em>, per muovere i suoi passi nel mondo, nel tentativo di colmare lo iato che la separa dal «beato confine». Come il precedente <span style="color:#009900;">Come a beato confine</span> (Book Editore, 2003), <em>La distanza immedicata</em> si articola in sette sezioni entro le quali si snoda un percorso per guadagnare quei lidi «dove s'increspa la gioia». [...] Mutante per necessità, adusa a vagare in luoghi interstiziali, la poesia si dà come frammento di voce collettiva che risuona da recessi insondabili, dai margini, per aprirsi all'altro, nel suo atteggiamento interrogante: non è filiazione di un soggetto (qui il superamento di Come a beato confine), ma espressione di un essere singolare-plurale. Poesia-dono, poesia dell'aperto."</div><br /><div align="justify"></div><br /><div align="justify">grazie!!!</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com5tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-8608924025797510102007-05-23T17:43:00.000+02:002008-12-11T23:37:05.369+01:00Francesca Matteoni<a href="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RlRimRk3HjI/AAAAAAAAAPQ/nkVwQMT3hA8/s1600-h/matteoni.bmp"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5067783890391211570" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RlRimRk3HjI/AAAAAAAAAPQ/nkVwQMT3hA8/s200/matteoni.bmp" border="0" /></a><br /><div>Ciao Stefano, ho finalmente letto a modo <span style="color:#ff6600;">La distanza immedicata</span>, mi piaceva scriverti qualche parola. Intanto mi è piaciuto come ricrei il fiume e il movimento d'acqua che filtra, scorre, sgocciola - penso a <em>Dripping</em> ma anche ai testi spezzati di <em>Stige</em>, che immerge e mescola - nelle parole e anche visivamente nella disposizione dei testi. Si procede (volutamente) a fatica leggendo la sezione <em>Stige</em>, si è all'unisono drammatico e liberatorio con l'acqua impastata e materna in <em>Ouse</em>, la mia sezione in assoluto preferita, che ho riletto un bel po' di volte e per certe cose, che forse non solo apprezzo ma anche riconosco, mi sono pure commossa. Ti direi, così ma è una cosa personale e relativa, che per me Ofelia non ce la fa nemmeno ad amare, muore schiacciata dall'amore di cui è simbolo, prima di poter vivere la sua umanità. E' una condizione che forse si estende ad un certo tipo di donna in genere - non c'è tempo di essere, ma solo di cercare il più possibile di aderire ad un sentimento, un ruolo, un bisogno che le viene attribuito. E' qualcosa che pensavo leggendo il terzo testo di <em>Ouse</em> su cui mi sono fermata - questa figura di madre proiettata nella figlia e negata a se stessa. Tra le immagini "solide" mi hanno colpito moltissimo i libri che tornano, come oggetti a cui aggrapparsi: mettersi "a lato del libro", come accanto ad un compagno. E le pietre affioranti: per ogni pietra vera, dici, per ogni residuo, ogni cosa che si leviga, si pulisce e nella sua durezza si salva. Poi aggiungi "chi nella pietra cresce": pensavo al mito di Deucalione e Pirra dove i sassi lanciati dietro le spalle sono le ossa della terra; e riflettevo sui legami che superano il dolore, sono essi stessi spesso "distanze immedicabili", ma pure ciò che svetta, ciò in cui trovare conforto, come sedendosi su una pietra guardando l'acqua, nella vita. In <em>Leogra</em>, L'immagine del figlio con la foto tra le ruote della bicicletta è bellissima, come tutta l'infanzia misteriosa e inafferrabile, l'unico attimo in cui si vive davvero, perché non siamo nel mondo - si è il mondo. Spero di non averla fatta troppo lunga e scusa per gli errori o la poca chiarezza, scrivo di getto.</div><br /><div></div><br /><div>Francesca Matteoni</div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com1tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-17303852239792923262007-05-06T17:24:00.000+02:002008-12-11T23:37:05.491+01:00Licenze Poetiche<a href="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rj30eJ0JiUI/AAAAAAAAANs/Bm7EKppDTbU/s1600-h/logo_libriamoci.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5061470355102206274" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://1.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rj30eJ0JiUI/AAAAAAAAANs/Bm7EKppDTbU/s320/logo_libriamoci.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">Mercoledì 16 maggio</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">ore 21,30</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">alla</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">Galleria Antichi forni - piaggia della Torre</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;color:#009900;">MACERATA</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"></span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"><strong>Giampaolo Vincenzi</strong> </span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">presenta</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"><span style="color:#ff6600;">La distanza immedicata</span> </span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"></span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"></span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">io ci sarò, e voi?</span></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com6tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-54862508438164865602007-04-20T15:03:00.000+02:002008-12-11T23:37:05.971+01:00Ida Travi<a href="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rii7RLCXOdI/AAAAAAAAAMI/atDIqoHgAUY/s1600-h/img01.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5055496485418252754" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://2.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/Rii7RLCXOdI/AAAAAAAAAMI/atDIqoHgAUY/s320/img01.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;color:#996633;"></span> </div><div align="center"><span style="font-size:180%;color:#996633;">PADOVA - Casa di Cristallo</span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">via Altinate n.114/A</span></div><br /><div><span style="font-size:180%;"></span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">Giovedi 3 maggio ore 21.00 </span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"><strong><span style="color:#ff0000;">Ida Travi</span></strong> </span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">presenta </span></div><div align="center"><span style="font-size:180%;"><span style="color:#ff9900;">la distanza immedicata</span></span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;"></span></div><br /><div align="center"><span style="font-size:180%;">coordina Ivana Cenci</span></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com0tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-18159688037929797612007-04-02T17:29:00.000+02:002008-12-11T23:37:06.176+01:00Erminia Daeder<a href="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RhEiuU0u9eI/AAAAAAAAALY/DTRa9HQV-Ww/s1600-h/daeder.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5048854836518254050" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; WIDTH: 60px; CURSOR: hand; HEIGHT: 57px; TEXT-ALIGN: center" height="48" alt="" src="http://3.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RhEiuU0u9eI/AAAAAAAAALY/DTRa9HQV-Ww/s200/daeder.jpg" width="70" border="0" /></a><br /><div><strong>Questo di Erminia Daeder è un modo originale e intelligente di incontrare un libro.</strong> <strong>Il</strong> <em>corsivo</em> <strong>è mio, il carattere</strong> normale <strong>è il suo (ma poteva assere il contrario).</strong> </div><br /><div></div><br /><div></div><br /><div><span style="color:#ff9900;">La distanza immedicata</span> di Guglielmin *<br /><br /><em>La riva / I nomi</em><br /><br />Ereditarietà, come sacco di grano da passarsi tra le mani.<br />Nonni, padri, figli.<br />Nei nomi, che anticipano le cose.<br />Nelle cose, quando le raggiungiamo. Se le raggiungiamo.<br />La cerchia degli affetti puri, la trama del senso di luce.<br />Il libro come totem. Come vincolo di sangue.<br />La consistenza del corpo precipitando ci conduce nel centro interrato della storia- senza la gravità del pensiero.<br />Dove comincio allora, dove ho inizio?<br /><br /><br />- La processione delle acque -<br /><br /><br /><em>rilasci il tuo bene<br />liberandolo<br />finché muove amore<br />ma poi al solito chiedi pausa<br />persa nell’atto di imparare<br /></em><br />C’è una sorgente che dilaga, fresca nella medicata nostalgia del ricordo.<br />Cerco qui, tra la pioggia di fiori, la siepe l’erba e il melo.<br />La Sorgue però avvolge il peso l’esatto del corpo senza mondo e poco giro d’aria intorno poco respiro.<br />Mi infiltro nella notte che buca dall’occhio della montagna e avvito perni indelebili – stalla lume latte da versare colmo proprio nel petto della vita – perché stabili so, per nomenclatura e diametro che amplio nel mio compasso, il profilo scosceso dei monti, la foglia ai piedi dell’acqua, il ramo d’oro.<br /><br /><em>tutto nella singolare fragranza<br />l’albero l’alba la chiara d’uovo<br />anche l’ombra se vuoi anche la buca<br />sfinita<br />da dove dico bocca prato dico salva<br />la via dei canti<br />salva la notte e il mondo<br />per natura mobile e culla in fondo e velo<br /></em><br />Non mi sazia, non mi trema, dalla uguale bocca di ciò che chiamavamo amore. Non mi arresta il peso del corpo, la sua sfaldata _ precipitata caduta nel tempo.<br /><br />E<br /><em>solo corpo che formicola giù<br />non lo spiffero o l’angelo ma il becco<br />a picco verso il suolo l’aprirsi tuttavia<br />d’ogni tempo il suo farsi frutto<br />insieme sciabola e loto meraviglia<br /></em><br />Cambio.<br /><br />Quali suoni dissemina nostra morte, mentre accorciamo la distanza dall’origine, con il cuore, la mano e la parola, mentre proni alla riva tra il ramo e la radice nuova riva prelude a successiva onda, successivo bagliore?<br />Ouse. Che mi aggrappa casa.<br />C’è un confine. C’è un respiro sul confine. Un solo sonno confonde la madre con la figlia, dentro la casa.<br />Poi c’è un salto. Che mi scompare un nome di salvezza, un fertile lascito d’invocazione, sillabica, primigenia.<br />Intanto, punti fermi che arrestano le mie brevi inspirazioni. Leggo, mi arresto. Sento tonfi. La voce si blocca. Arrestati paratassi e ritorni lessicali. Partitura musicale che dilegua candido gocciolamento. Luce che dice di un pianto, di un ordine disteso a stantuffo. Pompa nell’acqua la teoria delle pietre, la sicura fragranza dello scivolare al fondo.<br /><br /><em>la casa. le stanze. tu che nelle stanze cerchi casa. e così tua figlia<br />nella culla. lei che chiude gli occhi e piange. anche tu li chiudi.<br />come cielo nero e volo degli storni. poi ritorni. piano. ciglia,<br />piano, l’iride che piange.<br /><br />ancora piange ancora, la palpebra, piano, un lamento che sale<br />dal ventre, poi scende. la mano scende, il resto. e così dormi, se<br />puoi, dormi. come le sedie e il tavolo e la culla. immobili. il tuo<br />corpo uguale. disteso<br /></em><br />Cambio ancora. Questa volta nella città. Lèogra.<br /><br /><em>l’innesto della lana rossa nella piazza di Alessandro<br />il magno passeggiare sulle cime la domenica<br />lo scolinare dei butti a primavera<br /><br />l’elenco tutto del respiro in ogni città a piedi<br />con l’arteria nel verde dell’aiuola e i saluti<br />ovunque nelle strade<br /></em><br /><em>una boccata presa per sbaglio di parole<br />buone e strette con il favore dell’aria prima di cenare<br />l’anidride il piombo l’odore di gelato il perfetto<br /><br />declinare dei licheni la foto nei raggi della bici<br />il suo paesaggio a motore con tuo figlio che accelera<br />e scompare<br /></em><br />L’odore familiare d’umori reticolati. La sponda d’anfratti in porfido, la usuale remissione dei peccati, la solitaria pausa di soccorso domenicale.<br /><br />Ma è nella melma, nel fango che scavo e afferro la mia pietra focaia. Nello Stige.<br />Maria che è gravida e senza pace, mi ammonisce.<br />Siamo sotto una pioggia fetida, scampiamo, vorremmo, dagli untori.<br />Slingua, smangia, sloga.<br />Sul greto a frotte aspettiamo una maternità universale, incarnazione che pesi senza dolore, che sconfini senza memoria.<br /><br /><em>oppure i passi<br />della camera<br />inclinata l’occhio<br />in terra a fare<br />musa sul bordo<br />bianco della cava<br />e<br />per ogni pietra<br />vera una felicità<br />di vanga come<br />sui fuochi le<br />anime in rivolta o<br />al lascito dei baci<br />la distanza immedicata</em><br /><br />Monoliti i versi. Sotto una piova brusca.<br />Se parlo e dunque muoio.<br />Eccomi, all’origine. Cosa conosco, quali approdi o fughe o derive che siano cordoni ombelicali, quale completa fusione concepisco tra la bocca che fugge la morte e la bocca che la deride?<br /><br /><em>cos’altro chiedere a questa rupe<br />se non parole a capocollo e il torto<br />fiume che ci sgoli e donne<br />forti nel parto e moti e amori senza<br />tregua e la calma infine<br />d’un mare blando dove ristagni il branco<br />o schiumi?<br /></em><br />Dripping. Ma di suono. Di foglia che scivola, di respiro di figlia, di covo di spighe sciolte dalla madre, di grido d’apostolo, di imperio d’angelo.<br /><br /><em>davvero dipinge, Marta<br />meravigliosa e molle<br />la sua bolla di tempo puro<br />involta al ramo della musica<br /><br />davvero la morte allora<br />svapora, dai due denti<br />sani, dal callo sullo snodo<br />del braccio, dal laccio<br />svapora</em></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com2tag:blogger.com,1999:blog-36296476.post-14401264065802526802007-03-17T08:16:00.000+01:002008-12-11T23:37:06.863+01:00Francesco Marotta<a href="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RfuWjXJdMSI/AAAAAAAAAKM/q25dEk2k8eE/s1600-h/marotta_francesco.jpg"><img id="BLOGGER_PHOTO_ID_5042789742024667426" style="DISPLAY: block; MARGIN: 0px auto 10px; CURSOR: hand; TEXT-ALIGN: center" alt="" src="http://4.bp.blogspot.com/_8wVOn6W54hs/RfuWjXJdMSI/AAAAAAAAAKM/q25dEk2k8eE/s320/marotta_francesco.jpg" border="0" /></a><br /><div align="center"><span style="font-size:130%;">Invito gli amici ad andare a leggere su <a href="http://lapoesiaelospirito.wordpress.com/2007/03/16/scritture-6-â-stefano-guglielmin/"><span style="color:#cc0000;">La poesia e lo Spirito</span></a> </span><span style="font-size:130%;">quanto scrive Francesco intorno e dentro la mia poesia.</span></div><div align="center"><span style="font-size:130%;"></span></div><div align="center"><span style="font-size:130%;"></span></div><div align="center"><span style="font-size:130%;">Grande lavoro, grande pensiero.</span></div><div align="center"><span style="font-size:130%;">Grande grazie.</span></div>guglhttp://www.blogger.com/profile/00938097066075766521noreply@blogger.com3