Friday, April 23, 2010

La sorgiva



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la sorgiva che dalle bocche in piazza delle undici
si fa gazzetta fra le gambe delle donne
dalla cucina al duomo come faglie

aperte alla destra del colmo moltiplica lo spazio
del vedere ad ogni passo che la natica feconda
rimescola il sangue......... in basso

la linea glabra delle voci con garibaldi nel tondo
e attorno le nostre anite ai tavoli che sparlano
di quell’andare ladro

di questa torba salda ai vicoli da secoli
come nel fiume l’incavo sabbioso o il lasco
che la città concede

 
Caro Xxxx,
 
su la “sorgiva”: immagina una donna seducente che sale le scale del duomo paesano, per andare alla messa delle “undici” e, nella piazza sottostante, immagina i maschi seduti fuori dal bar con le loro fidanzate (le loro “anite”, loro che sono i “Garibaldi” della situazione, eroi della domenica mattina, con il loro aperitivo sul tavolino). Anite e Garibaldi (anche se il vero Garibaldi è un bassorilievo “tondo” collocato ai margini della piazza) “sparlano” di quella donna (del suo “andare ladro” perché ruba sguardi e commenti), ma anche della “torba salda ai vicoli da secoli”, ossia della melma che li imprigiona al mondo produttivo. In fondo, questo guardare ed essere guardati, è un dei pochi “laschi” (libertà) che una piccola città concede (fuori dal lavoro e dagli altri obblighi). La sorgiva, dunque, è l’acquolina che viene ai maschi quando guardano la donna salire i gradini, acquolina che diventa chiacchiera (“gazzetta”) sul suo ancheggiare. Come vedi, c’è molto realismo in tutto questo. Nessuna allusione volgare. Semmai, volgare è il tempo del lavoro, qui nel nord-est, che toglie la capacità di pensare alle persone, riducendole a cani da salivazione (come negli esperimenti di Pavlov).

1 comment:

elia said...

Completamente d'accordo Stefano, ti scrivo da Humahuaca, momentaneamente lontano dal volgare tempo del lavoro del nordest-veneto che conosciamo tutti troppo bene ormai, tanto da crederlo l'unica possibilitá...
un saluto.
elia