Wednesday, September 05, 2007

Sergio La Chiusa


Pubblico, con la sua autorizzazione, la e-mail che mi ha scritto Sergio un paio di giorni fa.


"Caro Stefano, mi ha fatto piacere la tua attenzione e la nota critica. Volevo anche dirti che avevo apprezzato molto La distanza immedicata, letto dopo la presentazione del libro a Milano. Mi aveva subito colpito la poesia d'apertura, che in pochi versi condensa tutta la storia: dall'enorme vuoto originario alle forme di vita in continua trasformazione all'agghiacciante geometria del pentagono e alla devastazione, l'agonia, con quell'ultima parola separata, bilicata nello spazio bianco della pagina, impiccata in nuovo vuoto. L'amore poi, "La distanza immedicata", per il tono e la grazia, mi era sembrato anche un complesso poema d'amore, a partire dalla dedica stessa: è come se tutti provenissimo dalla stessa enorme unità originaria, dalla successiva separazione e frammentazione e tentassimo vanamente di ricomporci, medicare la distanza, ricongiungerci nell'opposta riva. In mezzo, nel grande varco irto di asperità (anche linguistiche), l'acqua che non è mai la stessa e il linguaggio metamorfico della poesia che è il divenire stesso e nomina senza poter inchiodare definitivamente le cose, sempre spinto più in là, a lambire-nominare altro, come in caduta verso il vuoto da cui proviene. Mi erano piaciute molto le poesie della sezione Stige, con quella struttura a colonna, militaresca... Sono un po' vago, ma ti sto riportando solo alcune impressioni che ricordo di aver provato dopo la lettura. Un caro saluto. Sergio."


grazie!

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