Saturday, November 10, 2007

Rosa Pierno



Scrive Rosa Pierno, a proposito del libro:


"Potrebbe essere un gioco di posizione tra parole, scambiandole, infatti, cambiano valore. E’ un gioco da farsi solo quando vigono certe condizioni: “non sapere nulla cominciare tuttavia”. Non è un gioco al massacro, ma non se ne è nemmeno così distanti: “insabbiando il corpo in questa melma/ che fa grave l’amore e in te lo eterna/ diluvio/ che sforma laura che la sfalda in tanto vuoto”. E’ chiamata a testimoniare la poesia: in sua rappresentanza Beatrice, Laura, …o Maria.
È quasi un’afasia: “l’esatto del corpo senza mondo e poco giro/ d’aria intorno poco respiro”, ma dotata di una sorta di saldezza tenace: “corsa fatta per noi/ che caliamo a picco nella stessa storia/ saldi al ramo che butta senza pensiero/senza paura”. Penseremmo che poesia basta a poesia: “come da celeste bocca una parola/ che s’involi al caglio degli uomini/ è il pigolo d’anime in ribalta/ quando lei liquida sbraccia/ e crespa/ tira a sé i suoni /lontra”. Di parole sonore allora è fonte, scroscio e valanga. E senso dietro arranca. Poiché senso sempre figlia. Basta pronunciare e spiragli e spicchi d’ombra si aprono per ospitare il lettore in nuovi sonori mondi. E, dunque, convenuti a una medesima tavola si affollano personaggi e lettori: insieme condividono il poema. Vita sembra esistere solo in ieratica pronuncia, in mitica fondazione, in aperte pagine: “e niente pensiero solo trame tante cose /rapide nel volo l’intero mondo leso”. Persino una cosa così importante come la casa “è scritta nella carne, dentro. nel corpo come il volo o l’acqua, come l’amore e i figli. non pensava a tanto. e non per sempre. solo chiudere un libro, aprirne un altro”.
Nel rincorrere, nel farsi rincorrere dalle parole quasi si raggiunge una zona di sospensione: “mentre l’olmo e la rima si sfanno e così la lingua/ nella sera che in quella presa salda vicolo a torre/ la curva dell’umore ala nera morte nera”.
Nella sezione “Dripping”, la capacità di Guglielmin di immergersi nell’azione della pittura è essa stessa pura azione metamorfica. Si direbbe che lui stesso sia pittore: “una masnada di segni per aria/ tutti presi nell’impasto oppure/ di nuovo paesare l’asciutto/ e la fame d’ogni cosa rivolta”. D’altronde, la lingua non è mai lontana, segni stanno sul limitare tra immagine e testo. E il dialogo è talmente serrato che lo si distingue a fatica provenire da due fonti diverse: “giallo come il petto della serpe/ fa la lingua malata e la svolta/ d’ogni cosa che cade”. Musica, naturalmente è di fianco e fa il suo ingresso in maniera del tutto congruente: “e se resiste, lei, è per legati e presti, è per la musica/ messa in rima al corpo”. Il lettore, pienamente investito dallo scroscio, defluisce sulla corrente d’un fiume di cui non percepisce più le sponde.

in "Carte nel Vento", novembre 2007, anno IV, n.8

3 comments:

Sorriso said...

perchè ho già sentito il nome del tuo paese?

gugl said...

perché lì la gente sorride sempre :-)

Sorriso said...

boh sono capitata ho letto il profilo...